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A che punto è il Metaverso? Il futuro della tecnologia, oltre l’hype

A che punto è il Metaverso? Il futuro della tecnologia, oltre l’hype

Un articolo di Francesco Berlucchi

Secondo il Rapporto 2025 sul futuro dell’occupazione, pubblicato a gennaio dal World Economic Forum, circa il 39% delle competenze attuali verrà trasformato o diventerà obsoleto entro il 2030, con una crescente richiesta di abilità tecnologiche. Il Rapporto prevede la creazione di 170 milioni di nuovi ruoli su scala mondiale, con un aumento netto di 78 milioni di posti di lavoro. Una larga parte delle professioni richiederà competenze che oggi possiamo insegnare solo attraverso strumenti digitali avanzati, come le tecnologie virtuali e l'intelligenza artificiale. 

Come si affronta, dunque, questa sfida formativa? «All’Università Cattolica del Sacro Cuore, il progetto Metaversity esplora il potenziale della didattica immersiva, disegnata sui bisogni degli studenti e dei docenti» spiega Andrea Gaggioli, direttore del Centro Studi di Psicologia della Comunicazione (PsiCom) e coordinatore di Metaversity, durante “Humane Metaverse: il futuro oltre l’hype. Teorie, applicazioni ed esperienze a confronto", l’evento organizzato dai laboratori di ateneo Humane Technology Lab (HTLab) e Teaching and Learning Lab (TeLeLab), in collaborazione con PsiCom. «L’obiettivo è progettare esperienze didattiche che integrano intelligenza artificiale e realtà virtuale e che siano accessibili e inclusive».  

Le fasi di Metaversity sono tre. La user research, iniziata nel 2023, ha offerto 12 workshop immersivi che hanno coinvolto oltre 90 docenti di diverse discipline e Facoltà, e un’analisi delle aspettative iniziali degli studenti sui mondi virtuali. Con la fase 2, da 2024, sono stati introdotti i Metalabs, modelli di didattica immersiva elaborati sulla base dei risultati della user research. «Sono, in altre parole, esperienze di instructional design immersivo a misura di studente e di docente, realizzate sulla piattaforma Spatial.io, dove docenti e studenti possono incontrarsi, comunicare e collaborare in tempo reale, utilizzando avatar e aprendo così una “terza via” tra presenza e distanza» prosegue il professor Gaggioli. «Il focus, ancora una volta, non è la tecnologia ma l’obiettivo formativo. Rendendo la lezione più coinvolgente ed efficace». 

In tre anni di sperimentazione in 15 insegnamenti, al progetto hanno partecipato 590 studenti, sono state realizzate più di 70 ore di co-progettazione didattica, due tesi di dottorato, cinque tesi di laurea magistrale, due laboratori immersivi con crediti formativi e tre pubblicazioni scientifiche. Tra queste ultime, il volume Humane Metaverse. Reflections on self, education, organizations and society, edito da Vita e Pensiero (2024), presentato nel mese di settembre a Tempe, in Arizona, alla Cybertherapy & Social Networking Conference, la 27sima conferenza annuale di cyberpsicologia, cyberterapia e social networking. 

«Il libro rappresenta la sintesi della riflessione congiunta di tanti colleghi dell’ateneo sulle applicazioni della realtà virtuale e del Metaverso in diversi contesti» spiega Daniela Villani, docente di Psicologia generale all’Università Cattolica e coordinatrice dell’Unità di ricerca in Media digitali, psicologia e benessere del Dipartimento di Psicologia. «Non contiene soltanto una prospettiva psicologica, ma anche quella di altre discipline, come la filosofia, la sociologia, l’economia, la medicina, la comunicazione. Una riflessione chiara delle sfide, delle opportunità e dei processi sollecitati attraverso il Metaverso». 

«La digitalizzazione degli ambienti educativi rende oggi possibili nuove e straordinarie opportunità per l’innovazione didattica» commenta Giovanni Marseguerra, direttore di TeLeLab, durante l’evento moderato da Alessia Cruciani, giornalista del Corriere della Sera. «L'Università Cattolica da tempo sta studiando e sperimentando le nuove tecnologie, con grande passione ma anche con grande attenzione. La sperimentazione nutre la ricerca, e la ricerca è fondamentale nell’ispirare come sperimentare. Come diceva padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica, non possono essere educatori quelli che vivono nel passato». 

Le applicazioni del Metaverso sono sia industriali sia consumer. «Tra le sue principali applicazioni, c’è la capacità di accorciare il tempo che corre tra l’idea e la possibilità di poterla testare: quindi, sviluppo di nuovi prodotti e prototipizzazione rapida» spiega Lucio Lamberti, responsabile scientifico di Metaverse Marketing Lab al Politecnico di Milano, durante l’evento all’Università Cattolica. «A livello consumer, invece, c’è la possibilità di socializzare e di entrare in contatto con forme di contenuti più approfonditi».

Qual è, dunque, lo stato di salute del Metaverso? «Per essere morto, non se la cava poi così male. Per essere vivo, non se la cava poi così bene» risponde il professor Lamberti. «Come termine, è stato profondamente influenzato dalla sua eco mediatica. Se scindiamo la componente tecnologica della realtà virtuale mista ed estesa dalla tematica dei mondi interconnessi, il Metaverso è più vivo che mai. Su questi ultimi, però, l’intelligenza artificiale potrà essere un acceleratore di un fenomeno che sarà comunque più futuribile».

«Si parla di Metaverso oltre l’hype, ma a cosa serve il Metaverso?» chiede Giuseppe Riva, direttore di HTLab. «Uno dei cuori dell’attività di uno psicologo è il processo di cambiamento. Per aiutare le persone a cambiare, si parte sempre dall’esperienza. Il problema è che l’esperienza è difficile da controllare. Il Metaverso permette proprio questo: è una tecnologia che, per la prima volta, costruisce un’esperienza che ci rende diversi». Anche dentro le aule dell’Università. 

L'articolo è pubblicato su Secondo Tempo.

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