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I nuovi scenari del lavoro nel Metaverso

Nuovi scenari del lavoro nel Metaverso

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Un articolo di Francesco Berlucchi

Stiamo vivendo una fase cruciale nella storia del digitale. Un momento di passaggio, nel quale l’incessante sviluppo della tecnologia offre terreni finora inesplorati. In questo contesto, il metaverso è il passo successivo dell’evoluzione di internet. Per capire davvero cosa sta succedendo e cosa succederà, Humane Technology Lab, il laboratorio dell’Università Cattolica che investiga il complesso rapporto tra la tecnologia e l’esperienza umana, ha organizzato un ciclo di incontri per analizzare il rapporto tra quest’ultima e il metaverso. Scegliendo di farlo attraverso il confronto diretto tra coloro che sono in prima linea a guidare il cambiamento. «Se oggi il web è bidimensionale e lo guardiamo da fuori, nel metaverso il web diventa un’esperienza tridimensionale in cui possiamo entrare ed essere presenti», spiega Giuseppe Riva, direttore di HT Lab, sulle pagine di Login, l’inserto del Corriere della Sera dedicato ad approfondire tendenze e novità della realtà digitale. «Se oggi il web è chiaramente separato dal mondo reale, lo sperimentiamo cioè all’interno di un browser, nel metaverso il web si fonde con il mondo reale. Quello che facciamo nel mondo fisico influenza l'esperienza nel mondo virtuale e viceversa».

Chiamato a introdurre l’incontro, Daniele Manca, vicedirettore del Corriere della Sera, stimola gli studenti che per l’occasione hanno gremito l’aula che si affaccia su via Lanzone. «In un recente articolo su The Atlantic, che vi consiglio di leggere, Megan Garber sostiene che noi viviamo già nel metaverso», racconta Manca. «Negli ultimi 20 anni in qualche misura la tecnologia, in particolare internet, ha destrutturato le comunità preesistenti creandone continuamente di nuove. Proprio per questo, abbiamo pensato fosse importante per il Corriere della Sera collaborare a un ciclo di incontri che faccia comprendere bene un fatto chiaro: oggi pensiamo di controllare la tecnologia e essere agli albori di una nuova era, ma in realtà ci siamo già dentro». L’assist viene subito raccolto dal professor Riva, che risponde con una app presente nella maggior parte degli smartphone in tutto il mondo. «Pensate a Instagram», dice Riva. «Il suo grande successo è legato anche al fatto che, su Instagram, è possibile essere diversi da se stessi. Mi riferisco per esempio ai filtri: ognuno di noi si sente imperfetto, e la possibilità di avere un doppio digitale dove l’imperfezione scompare è una tentazione molto forte. Uno degli obiettivi del metaverso è arrivare alla completa fusione tra il mondo fisico e quello digitale. Tra poco per ognuno di noi sarà possibile avere un gemello digitale. Il rischio è dare a quest’ultimo il compito di realizzare quello che non siamo stati o che non siamo nella nostra vita fisica. Per gli psicologi ci sarà molto da lavorare (sorride, ndr)».

Il cuore del primo incontro è il rapporto tra il metaverso e il mondo del lavoro. Quali sono le competenze richieste oggi e le posizioni per lavorare nel metaverso? «Un’infinità», risponde Christian Colonna, Metaverse eXtended Reality Design Lead di Accenture, ossia colui che sta coordinando tutte le attività sul metaverso per la società di consulenza strategica. «Se dovessimo pensare a tutte le professioni che il metaverso ha creato o reinventato, sono davvero tante. Nel metaverso non sei più un utente, sei un partecipante. Entri nel mondo tridimensionale. Perciò tutte quelle professionalità che arrivano dal mondo del cinema e del teatro sono importanti, così come quelle legate alla cura dei luoghi, e quindi gli interior designer che progettano l’architettura per il metaverso. E poi, indubbiamente, tutta la parte che afferisce al mondo della psicologia. Entrare in un mondo tridimensionale significa viverlo, abitarlo, e avere a che fare con tutte le dinamiche sociali per le quali le competenze di uno psicologo sono essenziali. Ma non solo: la modellazione 3D, la content creation dei contenuti digitali, lo sviluppo delle piattaforme».

È importante dunque avere competenze trasversali, essere in grado di leggere il contesto e saper entrare in contatto con le competenze degli altri. «Un tema chiave è avvicinare le aziende a queste nuove tecnologie», risponde Ivan Montis, segretario generale di Web3 Alliance, un consorzio che raccoglie le principali aziende che stanno lavorando con il web3 (metaverso, realtà virtuale, intelligenza artificiale). «Le lacune su alcuni aspetti infrastrutturali sono ancora evidenti, per esempio le connessioni non sono così veloci come dovrebbero. Però le aziende italiane sono creative e resilienti, e in una fase pionieristica, quando bisogna mettere le basi, queste due caratteristiche sono fondamentali. Bisognerà forse applicare quello che è stato fatto nei mondi del fashion e del food made in Italy: dare una denotazione riconosciuta in tutto il mondo. Sicuramente le professioni legate alle dinamiche di processo e alla verifica andranno a scomparire, verranno però esaltati gli aspetti più umani: la capacità creativa e quella di relazione. Pensiamo all’ambito medico: non potremo fare a meno dell’infermiere, ma potremo avere istruzioni immediate da un pronto soccorso su come usare rapidamente un defibrillatore, per poter salvare la vita a una persona».

«Il primo modo per fare entrare il metaverso in un’azienda è trovarne l’utilità», dice Colonna. «Stiamo notando che le aziende, come primo passo, cercano di applicare il metaverso all’interno, per processi come employer branding, onboarding, recruiting e training. Un esempio interessante è quello di H&M, che ha firmato una capsule collection interamente progettata nel metaverso. Fino alla produzione dei capi, tutto è stato realizzato in digitale utilizzando modelli metahuman, con risvolti interessanti anche in termini di sostenibilità. In Accenture, invece, prima della pandemia abbiamo acquistato 60mila headset, distribuiti a tutti i nuovi assunti per fare una onboarding condotta su piattaforma immersiva. È stato un esperimento molto efficace, sia per apprendere i valori dell’azienda per stabilire le prime relazioni umane».

«Dopo aver letto che Meta e Apple licenziano migliaia di dipendenti, ho controllato subito sui loro siti quali professionalità stanno cercando», racconta Montis. «Su circa 480 posizioni aperte da Facebook, almeno un terzo sono tecnici e ingegneri di realtà aumentata. Apple ne cerca 175. Servono competenze legate alle infrastrutture, con la capacità di dialogare, fungere da ponti tra mondi diversi. Nel mondo di oggi, la gran parte dei dipendenti e dei collaboratori di un’azienda non si trovano nello stesso luogo. Questa è una dinamica che verrà ulteriormente incoraggiata, grazie al metaverso: ci sarà più collaborazione, e quindi migliorerà l’attività lavorativa. Certo, per i capi la vita non sarà semplice, perché servono competenze trasversali e competenze manageriali moderne».

Per capire meglio non solo cosa ci aspetta, ma anche la realtà che già stiamo vivendo, dobbiamo insomma evitare le divisioni verticali tra discipline e integrare visioni diverse. «Bisogna utilizzare un approccio multidisciplinare», spiega Riva. «E certamente questa è una delle forze del nostro ateneo, grazie alla collaborazione di linguisti, sociologi, giuristi, economisti, psicologi. Solo così è possibile analizzare il rapporto tra la tecnologia e la nostra esperienza quotidiana». Il prossimo appuntamento de “I martedì del Metaverso”, il 4 aprile, sempre nella sede milanese della Cattolica, sonderà “Le prospettive della formazione nel Metaverso”. Questa volta con Nicola Ravarini, founder & ceo di VRZONE e Andrea Gaggioli, docente di Psicologia in Cattolica. Si indagheranno le prospettive della didattica immersiva, partendo dall’analisi dei bisogni e delle aspettative di docenti e studenti.

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